«Gli altri ragazzini volevano essere Michael Jackson, io desideravo suonare con Michael Jackson. Ho sempre voluto suonare coi migliori».
I fan degli Stones riconoscono l’importanza del contributo di Jones, sia sul palco che in studio, ma il grande pubblico sa poco di lui o del suo lavoro con altri nomi leggendari come Miles Davs, Madonna, Sting, Peter Gabriel. Ora le cose stanno per cambiare grazie all’uscita del documentario Darryl Jones: In the Blood. Diretto da Eric Hamburg, racconta la storia della sua vita e contiene interviste a Mick Jagger, Keith Richards e Charlie Watts.
Poi, un giorno Sandy Torano mi ha telefonato: «Amico, Bill Wyman se ne va dagli Stones». Sono rimasto in silenzio. Mi fa: «Vuoi che ti trovi il numero del manager di Mick? Ti va di chiamarlo?». Alla fine ho parlato con qualcuno negli uffici di Mick: «Ho saputo che forse farete delle audizioni per un bassista. Nel caso ci fosse una lista di candidati, mi piacerebbe farne parte». Più avanti ho saputo che, siccome avevo già conosciuto Mick, probabilmente già facevo parte dell’elenco. E il nostro stage manager non molto tempo fa me l’ha confermato.
Cosa ricordi dell’audizione? Che pezzi hai suonato?
Ho iniziato a suonare la linea di Licking Stick di James Brown e non mi aspettavo che loro mi seguissero, invece Charlie ha cominciato a venirmi dietro. Poi abbiamo fatto Brown Sugar, Miss You, Honky Tonk Women e credo una decina dei loro pezzi più noti. È successo a New York, all’epoca vivevo a Los Angeles con Kenny Kirkland, mi hanno pagato loro il biglietto aereo. Dopo l’audizione mi sono detto: a me è parso bellissimo, se anche loro lo pensano si faranno risentire.